martedì 21 giugno 2011

La dannata percezione di non essere compreso.






La follia dei savi.


Il diario di un incompreso viene gestito da parole savie, ragionate sul filo della poca comprensibilità, che tanti non capirebbero per il semplice fatto che, ritrovarsi nei panni altrui, non sempre è piacevole.
Si gestiscono pensieri e parole sulla falsità del poi, a chi decifra atteggiamenti diversi, e di norma, vive in un mondo lontano dal vero, ovvero, il tuo.
Non direi mai di lodare il senso di un’espressione comprensiva, ma di accostarmi al vero sarebbe l’ideale.
Tanti predicano bene e razzolano male per leggerezza di idee, non è difficile capire la metafora della vita basata sulla presunzione dell’essere il solo a tenere in pugno la verità.
Ma cos’è la verità! Se non una bugia mascherata dal nostro volere inculcare a chi non pensa come noi e non visualizza le nostre idee? A chi facile preda, assorbe tutto senza   procurarsi, con famelica ricerca, di ricavare, seppure affaticato, da una debole mente, le poche idee di parte concepite e trattenute per la mancanza di una determinata sicurezza, quella propria, e che ognuno di noi, in silenzio falsamente gestisce, nascondendola nel proprio io, evitando di esporre qualcosa in cui per primo non si crede e si fa fatica ad esporre, per mancanza di concrete certezze!
Mi guardo intorno e già so di parlare a un muro privo di comprensione che sta lì pronto a deridere l’incompreso.
Mi danno, per la forza e la volontà prostituita, che per mia debolezza includo qui nella presente per spiegarmi ai denigratori del mio pensiero astruso.
Rifuggir mi impongo dalla gogna mediatica e, all’infantile gergo assorbo l’onestà dell’umile.
A dire, il dolente vero assorbo e sto, il bene altrui non rende. E questo, giuro, per conoscenza a tutti affermo, (anche a chi pur sapendo nega) seppure a conoscenza, io nel mio mendace inconscio, vi implori: tenetemi distante da sopraffazione altrui, voglio esserne lontano.
Il pensiero è libero quando riesce a colmare vuoti altrimenti pieni del nulla, pensieri leciti al fine di risvegliar il dormiente se rinchiusi nell’interesse che, per egoismo non va oltre all’interesse altrui.
Limpida e chiara veggenza umana, complice di una lucidità fine a se stessa.
Non possiamo desiderare il più per ottener il giusto, bisogna chiedere quando ci compete per essere giusti nella richiesta. Si dorme tranquilli di notte al pensiero che sbarre di ferro messe da altri, proteggono la tua vulnerabilità. Basterebbe poco, l’essere onesto con se stessi per non aver paura e liberarsi da sbarre mentali.

Cristofaro Cingolo.

giovedì 2 giugno 2011

Vorremmo un figlio, ma non possiamo permettercelo.





E’ proprio così?.....

Mi pongo questo quesito e lo pongo a voi; di certo in passato siete stati testimoni di famiglie numerose, o siete stati raccoglitori di testimonianza in tal senso. Quindi, ora sapreste ben distinguere, e scegliere, la tipologia famigliare consona a voi in procinto di formarvi una famiglia. La formerete anche, dando uno sguardo alle nuove famiglie  che il cambiamento ci porta e con un pensiero alle aspettative che andremo incontro in un prossimo futuro.

Dico subito che sono per un’etnologia antropologica chiara nei dati di ricerca. Seppur multietnico, penso che, le caratteristiche italiche del nostro popolo non debbano  disperdersi per colpa di un’eccessiva immigrazione presente sul nostro territorio.
 Territorio che, per ovvie ragioni, è facile da raggiungere, e per molti, un’utopia da realizzare: una meta di arrivo in un mondo ricco e libero.   

Queste persone portano con se la cultura della piena famiglia. Prima del benessere materiale, c’é il benessere famigliare, la ricchezza umana fatta di affetto e sicurezza del domani. Amano essere circondati da prole, come in passato, lo eravamo noi.
- I figli sono la ricchezza di chi ipotizza che, tale ricchezza, sia l’essere circondati da figli e nipoti -.
Domani, (io anziano), avrò bisogno di te figlio! Di te per accudirmi e darmi da mangiare se ne avrò bisogno.
 - Sarete in tanti, tu e le tue sorelle farete in modo che a noi non manchi mai nulla: penserete a quello che, con sacrifici abbiamo fatto, noi genitori, per voi-.

Questi (i nuovi arrivi), ancora non hanno raggiunto la consapevolezza di scindere gli affetti dal benessere effettivo. Ancora non pensano di sacrificare un figlio per il benessere dell’eletto scelto e, fatto vivere. … Figlio unico sì, ma in condizioni di benessere.

I tempi, al giorno d’oggi, si son fatti difficili, crescere più di un figlio non è facile, troppi problemi impongono chi abituato a vivere in un certo modo, a rimandare il concepimento e alla fine, a rinunciare ad averne, per l’impossibilità di mantenerlo.

Il lavoro scarseggia, e chi c’è l’ha, non vuole perderlo per l’arrivo di un figlio che al datore di lavoro non sta bene.

Ci sono leggi che favoriscono la maternità, ma queste vanno contro l’interesse del padrone, lui ha il coltello dalla parte del manico, spesso è un foglio bianco fatto firmare prima dell’assunzione. Foglio che spazza via tutte le leggi a favore della donna e della sua maternità.

In Italia stiamo aumentando di numero è vero, ma non perché sono gli italiani a fare figli, bensì, sono i nuovi arrivi che, prima di ogni cosa, per loro viene la famiglia, e per famiglia, s’intende figli.
Ben presto se non risolviamo questo importante dilemma che colpisce la famiglia, (donna italiana), ci troveremo una popolazione che supererà presto alla lunga quella di origine italica.

Da ciò vengono fuori domande che, non farò, per non essere tacciato di peccare per arretratezza culturale. Le famiglie italiane si assottigliano, diventando delle mono famiglie, in cui nasce il problema: il vecchietto dove lo metto? Cultura questa che manca alle famiglie numerose e quindi, nei nuovi popoli con numerose proli da crescere. Con questi popoli ci riappropriamo della memoria e della nostra cultura passata e dimenticata per egoismo.

Spero che questi nuovi arrivi oltre ad invaderci fisicamente, c’invadano culturalmente riportandoci indietro nel tempo, a quando: dove mangiavano due mangiavano tre e i vestiti (seppur non firmati) passavano dai più grandi ai più piccini.

Sorrido a pensarci e mi accorgo d’essermi allontanato dal problema: Bisogna aiutare la donna a poter scegliere e, a non privarsi della maternità.
Deve essere protetta da leggi e non essere succube del datore. Deve pensare che un figlio è una risorsa per il futuro, non un debito da accollarsi per sempre.

Nelle altre nazioni, lo stato viene in aiuto alle donne in attesa, consapevole che presto il nascituro diverrà produttore e consumatore di beni. E, e con il lavoro e la sua ingegnosità, aumenterà la ricchezza dello stato.
Quanto tempo occorre attendere affinché i nostri rappresentanti governativi capiscano questo?           


Cristofaro Cingolo