domenica 15 aprile 2012

Il pulcino e il verme.



 Il pulcino e il verme

Possibile che con tanto spazio, dovevi finire sul mio cammino?
Disse il verme al pulcino che, lasciato solo dalla sua mamma, “stanca di dargli da mangiare” pretese che fosse lui a procurarsi il cibo.
Ecco lo sapevo -disse il pulcino-. Tutti piluccano e non succede nulla, mentre a me che per la prima volta ci provo, mi capita un verme vile, che ha paura di sacrificarsi per nutrire un essere debole e denutrito.
“Vedi me per esempio” che, disgraziatamente è stato appena stamattina svezzato dalla madre!
Chi ti dice che non ho la stesa tua età, e anch’io sono stato svezzato da poco?
 -Disse il verme, scansandosi dalla beccata-.
Non puoi avere la mia età, non vedi? Sei sporco … tutto nero, chi sa da quando ti strofini al suolo per giungere alla tua méta. Non so quale sia e non mi importa di saperlo. Tu sei il mio pranzo e io ti divoro!
Perché mai vuoi fare questo? Abbi pietà di me, te ne prego, il tempo di raggiungere quella foglia di gelso e mi nascondo. Ti giuro non mi farò vedere da altri, mi nasconderò sotto di lei e tu non ti sentirai offeso nell’onore: so che devi dimostrarlo agli altri. … Non credere che io non comprenda. …  Sarò pur lento a camminare, a raggiungere un traguardo, ma nella mia lentezza uso il tempo per ragionare: so che tu non vorresti farmi del male, ma sei obbligato dai tuoi simili. Loro per tradizione si nutrono di noi, che per lentezza, non riusciamo a sfuggire alle beccate.
Guardandosi intorno il pulcino trovò dei semi di pera, pensando che, per raggiungere il verme sarebbe bastato poco, iniziò a tamponare i morsi della fame inghiottendo quelli. E deglutendo, piano si rivolse al verme dicendo.
- Ma anche tu non risparmi nessuno e divori da sempre ciò che ti alimenta! Cose che di preciso io non so! … Anche se spesso, vi vedo fermi su escrementi e, animali morti. Mi sa tanto che vi nutrite di quei putridi alimenti. … Almeno noi mangiamo e divoriamo carne viva: fresca, voi invece siete in cerca di roba vecchia in avanzata putrefazione.
Per leggerlo andare su LULU.
Cristofaro Cingolo        

giovedì 5 aprile 2012

Buona pasqua: ... buon passaggio.



La pietà


Il figlio sa cosa lo aspetta, il padre lo ha preservato per questo.
Berrà il calice amaro della sofferenza con fine la morte, con la certezza di aver fatto la volontà di chi l’ha fatto nascere per mostrare al mondo di poter sconfiggere tale  morte, con la resurrezione.
Per la madre, la sofferenza e la morte del figlio, resta tale pur credendo alle parole del  figlio, quando afferma, di dover fare la volontà del padre e di esser nato per arrivare a quel giorno.

Maria non ha dimenticato le parole del vecchio Simeone, insieme alla benedizione il Santo Le parlò dicendo: (Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima).
Lei, Madre terrena, come ogni madre incarnata all’amore del figlio, cui ha tagliato, con sofferenza dal suo ombelico, il cordone che li univa, concepisce diversamente dal padre celeste, cosa sia meglio per lui, non conoscendo il mistero reale del passaggio.

Lei ragiona da madre, sa solo che l’istinto di ogni madre terrena è quello, proteggere da dolore e morte, ciò che ha concepito, seppure questo concepimento sia avvenuto per opera dello Spirito Santo Dio, resta sempre suo figlio.
Come ogni madre, soffre nel vedere la propria carne, partorita con sofferte doglie, assecondare la sofferenza e la morte, per la sola volontà di un padre, il cui pensiero, isola del tutto il pensiero di un padre umano: un padre terrestre non lascerebbe un figlio precipitarsi verso la sofferenza e, andare incontro alla morte, per dimostrare qualcosa che con il passar degli anni ancora non emerge.  

Per quanto divino sia il mistero dei cieli, Lei resta legata alla terra. Diversamente dal padre celeste, per la madre terrena, la perdita di un figlio non è accettabile, anche se questa è annunciata anzitempo da chi è intervenuto su di Lei per farlo nascere.
La sofferenza di un figlio inchiodato alla croce, ti entra dentro e, per alleviare quella sofferenza, avresti preferito prendere il suo posto, schiodandolo e, salendo Tu sulla croce.

Non hai potuto farlo per obbedienza, promettendo al figlio e al padre di essere serva e madre, lì, sotto la croce a guardarlo e a chiederti: perché se tuo padre ti ama, come io, madre ti amo, ti lascia schernire, frustare, e inchiodare a una croce, per farti soffrire e morire, dimostrando ai posteri, che la morte non è morte?

Chi condannerebbe una madre, se per un momento presa dai dubbi, affermasse di non riconoscere il regno del padre, e al figlio prediletto di Dio, preferirebbe sostenere la follia di un figlio pronto a rinsavire pur di averlo vivo accanto a se?

Madre pietosa, che mai scalfita fu la sua fede, resti ai piedi della croce e contempli il volto amato del figliolo, sai bene che non è di questo regno, e la sua morte, redenterà il mondo.
Pietosa madre piena d’amore, cosa ti resta di tuo figlio? Il tempo della nascita, della crescita e della presa di coscienza di non essere di questo mondo.
Ti restano i ricordi degli ultimi momenti, dell'esanime corpo poggiato sulle tue ginocchia. Momenti in cui lo sentivi solo tuo: non dovevi dividerlo col padre: lui te l'ha dato e te l’ha tolto.
Lo accarezzi e lo assisti: sei una madre terrena. Resta il tuo bambino, pietosa gli canti la nenia da lui preferita e che amava tanto prima di addormentarsi.
Chi ti darebbe torto se in quel momento ti sei sentita più madre delle altre volte. Chi sa, se qualcuno avrà sentito la Tua voce affermare a tuo figlio: Io ho bisogno di te figlio mio, carne della mia carne. Non mi importa del tuo regno, io voglio mio figlio.         

Cristofaro Cingolo